I would Like to thank Silvia Randaccio pour la traduction!Rita!
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https://ritachemaly.wordpress.com/2011/04/11/
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La società civile in Libano si
mobilita per la parità di diritti
Oltre 30.000 manifestanti di tutte le età si sono riversati per le strade di Beirut, chiedendo con i loro slogan l’abolizione del sistema confessionale in vigore nel Paese
Di Rita Chemaly* – Middle East Online (06/04/2011) – Traduzione e testo di Silvia Randaccio
(11/04/2011) Lo scorso 20 marzo, la vigilia della Festa della Mamma in Libano, una folla eterogenea si è unita in una protesta di dimensioni eccezionali contro il sistema confessionale. La manifestazione è stata l’ultima di una serie iniziata un mese prima, il 27 febbraio, quando tremila giovani hanno accolto l’impegno di manifestare, ogni domenica, per la secolarizzazione del Libano, secolarizzazione che offrirebbe garanzia di pari diritti a tutti i cittadini. Le richieste sono chiare: i dimostranti vogliono uno stato secolare, leggi paritarie per le donne, la fine dell’attuale sistema in cui ogni setta religiosa può applicare norme diverse in materia di divorzio o diritto di successione, e infine l’istituzione del matrimonio civile.
La società civile libanese ha colto l’ocasione della mobilitazione popolare della regione per promuovere la campagna di sensibilizzazione contro il sistema confessionale di divisione dei poteri tra i diversi gruppi religiosi. Nonostante la Premessa alla Costituzione libanese affermi che: “L’abolizione del confessionalismo politico è un obbiettivo di base del Paese”, in seguito al Patto Nazionale del 1943 – un accordo non scritto – la divisioni dei poteri è stata stabilita su base confessionale con l’assegnazione dei seggi parlamentari tramite criteri di appartenenza religiosa e con la spartizione delle maggiori cariche tra le confessioni principali: il Presidente è sempre un cristiano maronita, il Primo Ministro un sunnita e il Presidente del Parlamento è uno sciita. Con la presenza di diciotto comunità religiose riconosciute, le leggi sulla persona che regolano il matrimonio, il divorzio, le adozioni, l’affidamento dei figli e l’eredità sono gestite dalle corti religiose di ciascuna comunità. Drusi, sunniti e sciiti applicano differenti interpretazioni della shari’a, mentre i cristiani ortodossi e le altre comunità utilizzano diverse versioni della legge canonica. La maggioranza delle legislazioni in vigore tende a favorire gli uomini sulle donne e a mantenere i valori patriarcali.
Inoltre, il sistema di separazione delle corti non solo genera una diversa applicazione della legge tra uomo e donna, ma anche tra le donne libanesi stesse. Ad esempio, le corti sunnite e sciite permettono agli uomini relazioni poligame, mentre le corti druse e cristiane non lo consentono; il divorzio è proibito dalle leggi cristiane, mentre le altre confessioni lo ammettono. Coloro che scelgono il matrimonio civile fuori dal Libano devono superare un altro ostacolo: gran parte delle leggi confessionali sul diritto della persona proibiscono il matrimonio tra membri di comunità diverse, e l’unione civile non è riconosciuta in Libano. Di conseguenza le coppie miste che non credono nel matrimonio religioso o che non vogliono cambiare l’identità religiosa di uno dei due partner, sono costretti a spostarsi in un paese vicino, come Cipro o la Turchia. In conformità con l’Articolo 25 decreto 60/1936, il matrimonio della coppia è riconosciuto in Libano, ma è regolato dal codice civile del paese in cui è stato effettuato – un vero rompicapo giuridico per i giudici libanesi che sono costretti a conoscere la legislazione straniera per affrontare qualunque questione legale inerente.
I numerosi tentativi di istituire un codice civile pertinente allo status dell’individuo, seppure come alternativa opzionale, sono falliti a causa del sistema politico e sociale di divisione del potere. Tuttavia, la società civile ha deciso di agire: un’intensa campagna di sensibilizzazione è stata lanciata lo scorso marzo dal movimento KAFA (“basta”), rete di associazioni di donne e organismi diversi. Lo scopo della campagna è la piena attuazione dell’Articolo 16 della Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, che stipula l’uguaglianza tra uomini e donne nel matrimonio e lascia libertà decisionale ai singoli. Il movimento si batte affinché i cittadini libanesi siano soggetti tutti alla stessa legislazione, la quale garantisca equi diritti agli uomini e alle donne, uguali disposizioni in materia di matrimonio, eredità, divorzio, alimenti e custodia dei figli, oltre che accordi internazionali gender-sensitive. Un codice civile unificato metterebbe fine alle attuali disparità tra uomini e donne e tra donne libanesi di confessioni diverse, e sarebbe il primo passo nella realizzazione dell’obbiettivo costituzionale di abolizione del sistema confessionale.
redazione (@) arabismo.it
*Rita Chemaly è una ricercatrice di sociopolitica, autrice di Spring 2005 in Lebanon, Between Myths and Reality. È stata vincitrice del Premio Samir Kassir per la Libertà di Stampa nel 2007. Il suo blog è all’indirizzo www.ritachemaly.wordpress.com
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